La notte calava su Amburgo. Con le mani infilate nelle tasche dell'impermeabile, Isaac Feingold camminava con passo guardingo. Nonostante la mitezza del vento estivo e lo spettacolo della città che si illuminava, aveva fretta di ritrovarsi in casa propria, nel suo appartamento di Wallring Park.
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Tempo prima, non esitava, tornando dal lavoro, a deviare attraverso i giardini per godersi gli ultimi momenti di luce. Ormai, le strade a quell'ora non erano più sicure. In ogni momento potevi incappare in una banda di giovanotti alticci, che ostentavano fieramente il loro bracciale con croce uncinata. Nella migliore delle ipotesi, chiedevano i documenti e ti squadravano con disprezzo. Nella peggiore... Isaac Feingold preferiva non immaginare il peggio. In quell'inizio d'agosto del 1934, essere ebreo ad Amburgo era diventato un reato.
Tutto andava così in fretta... Un'ondata bruna era dilagata sulla Germania, spazzando il fragile equilibrio di Weimar, la repubblica nata sulle rovine. Nei primi tempi, anche Isaac aveva sentito l'esaltazione del nazionalismo e quel nuovo slancio che pervadeva l'intero paese. Tutto sommato, i nazisti erano probabilmente dei tangheri, ma avevano liberato la Germania dal peso del disfattismo. Non si credeva più alla fatalità della disoccupazione, dell'inflazione, della povertà. Per la prima volta da quando i francesi si erano ritirati dalla Ruhr, si guardava di nuovo con fiducia all'avvenire. Isaac aveva tre figli, e si sentiva sollevato al pensiero che non dovessero crescere nel ricordo doloroso della guerra, in seno a un paese frantumato. Man mano che il nazionalismo infiammava il Paese, però, le teorie sviluppate nel "Mein kampf", punto di riferimento del nuovo regime, emergevano molto chiaramente. Era un grido di odio quello che Isaac Feingold aveva scambiato per un semplice appello alla rivolta...