In una sala da ballo sulla costa israeliana il narratore scorge uno scorpione tatuato sul corpo di una giovane donna francese, con la quale trascorre la notte.
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La ragazza sparirà, sarà invece il piccolo scorpione color indaco a prendere vita e ad ossessionare i suoi sogni ogni notte, nel tenace quanto fallimentare tentativo di arrampicarsi su uno specchio dal quale scivolerà, consumato da un'estenuante e vorticosa danza. Costruito su questa metafora, "La danza dello scorpione" denuncia la situazione palestinese dopo gli accordi di Oslo e il fallimento della seconda Intifada. E lo fa con grande lucidità e amarezza, con quella autoironia che è una delle caratteristiche principali della letteratura palestinese. L'impotenza dello scorpione è anche quella del padre del narratore, che ha perso una gamba - e con essa la sua virilità - non a causa dell'occupazione, ma semplicemente per un chiodo arrugginito. Tuttavia, non potendo accettarne la perdita, egli chiede a suo figlio di grattare la sua gamba amputata.