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L'iguana

Ortese, Anna Maria

narrativa 1978

Abstract

«A tutti i lettori che desiderano qualcosa di inaudito, che li porti di colpo oltre i confini della realtà; a tutti i lettori appassionati, annoiati, sazi, entusiasti, drammatici, frivoli, passeggeri, costanti – consiglio questo bellissimo libro, uno dei pochi destinati a onorare la letteratura italiana del dopoguerra. [...]
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Testo a stampa (moderno)
Monografia
narrativa
Codice SBN SBL0320888
Descrizione L'*iguana / Anna Maria Ortese ; introduzione di Dario Bellezza
Milano : Rizzoli, 1978
XIII, 204 p. ; 18 cm.
BNI 7810730
OCLC 797937936
Collana BUR. L , 197
Primo Autore
Ortese, Anna Maria
Note e bibliografia
Autore secondario
Bellezza, Dario
Note e bibliografia
Dewey 853.914 Narrativa italiana. 1945-1999
Anno pubblicazione 1978
Titolo dell'opera L'iguana
Abstract «A tutti i lettori che desiderano qualcosa di inaudito, che li porti di colpo oltre i confini della realtà; a tutti i lettori appassionati, annoiati, sazi, entusiasti, drammatici, frivoli, passeggeri, costanti – consiglio questo bellissimo libro, uno dei pochi destinati a onorare la letteratura italiana del dopoguerra. È stato pubblicato venti anni fa; ma sembra che nessuno l’abbia mai comprato, nessuno l’abbia mai letto. È come la principessa della fiaba, la cui bellezza si nasconde dietro gli stracci e la cenere. Soltanto alcuni happy few hanno alzato il velo grigio, hanno scosso con la mano la cenere, e sostengono che è un capolavoro» (Pietro Citati). (...) - Trama: Quando il giovane milanese Aleardo, di famiglia ricca, nobile e illuminata, decide di approdare con il suo yacht nella sperduta isola di Ocaña, al largo del Portogallo, non sa quale inusitata avventura, e quale incontro fatale, lo attendano. Fino a quel momento, egli è «il compratore di isole», sempre incerto su quale comprare, perché Aleardo è sì facoltoso, ma anche rispettoso della generale dignità del creato e non vorrebbe turbarlo con indiscrete iniziative. Come giocando, un suo amico editore lo aveva sfidato a fornirgli un manoscritto capace di risvegliare i lettori intorpiditi per eccesso di offerte: e precisamente «le confessioni di un qualche pazzo, magari innamorato di una iguana». Appunto l’iguana attende Aleardo nell’isola di Ocaña, sotto forma di una «bestiola verdissima e alta quanto un bambino, dall’apparente aspetto di una lucertola gigante, ma vestita da donna, con una sottanina scura, un corsetto bianco, palesemente lacero e antico, e un grembialetto fatto di vari colori». (...) [Fonti: https://www.adelphi.it/libro/9788845906572 ; G.M.].
Abstract di polo «Nessuno scrittore ha insegnato all’Ortese questa callida acredine del discorrere, quella volatile furia e insieme quella macerazione labirintica che danno, fin dalle prime pagine, una letizia aspra, inquieta, insonne e insieme allucinatoria. Il linguaggio letterario è l'ultima e definitiva forma di incantamento, di carmen, l'ultima formula che agisce e costringe l'inesistente a esistere; e l'incantesimo dell'Iguana, appunto, agisce. Volendo, si può chiamare 'romanzo' questo libro; ma forse è inutile. Ha qualcosa della fiaba, e insieme della ballata, della filastrocca, dell'incubo, del sogno, del delirio; appunto, è un incantesimo che agisce». Giorgio Manganelli. (...) [Fonti: https://www.adelphi.it/libro/9788845930935 ; G.M.]. - Nota sull'Aut. [Anna Maria Ortese (Roma, 13 giugno 1914 – Rapallo, 9 marzo 1998) è stata una scrittrice italiana. Ha ricevuto il Premio Strega per il suo romanzo più noto al grande pubblico, "Poveri e semplici", e il Premio Viareggio. - Biografia: «Sono lieta, in mezzo alle mie tristezze mediterranee, di essere qui. E dirvi com’è bello pensare strutture di luce, e gettarle come reti aeree sulla terra, perché essa non sia più quel luogo buio e perduto che a molti appare, o quel luogo di schiavi che a molti si dimostra» (Anna Maria Ortese, "Corpo celeste"). - Infanzia e giovinezza: Anna Maria Ortese nacque a Roma il 13 giugno 1914, figlia di Oreste Ortese, un funzionario prefettizio originario di Caltanissetta, e di Beatrice Vaccà, benestante napoletana discendente da una famiglia di scultori originari della Lunigiana. La scrittrice aveva cinque fratelli e una sorella, Maria, con la quale convivrà per tutta la vita. Nel 1915, con l'entrata dell'Italia nella prima guerra mondiale, il padre è richiamato nell'esercito e la moglie, i figli e la nonna materna lasciano Roma e si trasferiscono dapprima in Puglia e poi in Campania, a Portici. Nel 1919, alla fine del conflitto, la famiglia si riunisce a Potenza, nuova sede di lavoro del padre, ove soggiorna fino al 1924. Qui Ortese frequenta le prime classi della scuola elementare, che prosegue poi nell'allora Libia italiana, dove la famiglia risiede dal 1925 al 1928, anno del loro rientro definitivo in Italia, quando si stabiliscono a Napoli. Nel capoluogo campano, la scrittrice frequenta per un breve periodo un istituto commerciale; i suoi studi sono però irregolari e la sua formazione è soprattutto quella di un'autodidatta. Nel gennaio del 1933 muore il fratello marinaio Emanuele, cadendo da un'altezza mentre sistemava le vele di un'imbarcazione presso cui era impiegato, in Martinica. La perdita dell'amato fratello le lascia un dolore cupo, uno smarrimento che la spinge a scrivere. Pubblica infatti dopo alcuni mesi, sulla rivista "L'Italia letteraria", alcune poesie che le valgono qualche elogio e il primo incoraggiamento a dedicarsi pienamente alla scrittura. L'anno successivo, sempre per la stessa rivista, scrive il suo primo racconto, "Pellerossa", dove, come dichiara l'autrice stessa, «è adombrato un tema fondamentale della mia vita: lo sgomento delle grandi masse umane, della civiltà senza più spazi e innocenza, dei grandi recinti dove saranno condotti gli uomini comuni». Nel 1937 l'editore Bompiani, dietro consiglio di Massimo Bontempelli, le pubblica la raccolta di racconti "Angelici dolori", accolta con favore, ma anche con riserve (soprattutto da parte di Enrico Falqui e Giancarlo Vigorelli). Sempre nel 1937, un altro grave lutto colpisce la scrittrice: muore in Albania il fratello gemello Antonio, marinaio (Tenente di Vascello) come Emanuele, pugnalato in circostanze non del tutto chiare dal suo attendente. Dal 1938, insieme alla famiglia, la giovane Ortese incomincia a spostarsi in varie città dell'Italia centro-settentrionale: Firenze, Trieste e Venezia, dove trova un impiego come correttrice di bozze al Gazzettino. Nel 1939 si reca a Trieste e partecipa ai Littoriali Femminili, vincendoli: ciò le consente di collaborare con importanti riviste coe Belvedere, L'Ateneo veneto, Il Mattino, Il Messaggero e Il Corriere della sera. - Anna Maria Ortese e Napoli: «Ho abitato a lungo in una città veramente eccezionale. Qui, (...) tutte le cose, il bene e il male, la salute e lo spasimo, la felicità più cantante e il dolore più lacerato, (...) tutte queste voci erano così saldamente strette, confuse, amalgamate tra loro, che il forestiero che giungeva in questa città ne aveva (...) una impressione stranissima, come di una orchestra i cui istrumenti, composti di anime umane, non obbedissero più alla bacchetta intelligente del Maestro, ma si esprimessero ciascuno per proprio conto suscitando effetti di meravigliosa confusione...» (Anna Maria Ortese, "L’Infanta sepolta", Adelphi, Milano 1994, p. 17). Nel 1945 ritorna a Napoli ed in questa città, per lei quasi magica, l'ispirazione e l'immaginazione della scrittrice trovano presto un correlativo oggettivo per manifestarsi appieno. Nel dopoguerra collabora attivamente alla rivista culturale "Sud", diretta da Pasquale Prunas e che vede le firme, oltreché sua, d'intellettuali, letterati ed artisti meridionali come Luigi Compagnone, Raffaele La Capria, Giuseppe Patroni Griffi, Rocco Scotellaro, Ennio Mastrostefano, Tommaso Giglio, Domenico Rea, Francesco Rosi ed altri. Nel 1950 viene pubblicato il suo secondo libro di racconti, "L'Infanta sepolta", e nel 1953 la raccolta di novelle "Il mare non bagna Napoli", alla quale viene assegnato il Premio speciale per la narrativa all'edizione 1953 del Premio Viareggio. Caratterizzata da un pervasivo senso di disperazione e di rovina, in cui i vari brani della raccolta rievocavano le difficili condizioni della Napoli dell'immediato secondo dopoguerra, "Il mare non bagna Napoli" suscitò da subito delle fortissime reazioni in città, specie l'ultimo racconto, "Il silenzio della ragione", in cui l'autrice mise alla berlina l'ambiente letterario ed intellettuale napoletano (da lei stessa tra l'altro vivamente frequentato), ritraendovi molto causticamente gioie e soprattutto miserie delle personalità culturali cittadine messesi allora più in vista (facendovi candidamente riferimento, oltretutto, per nome e cognome), cosa che la portò infine a troncare drasticamente i rapporti con quasi tutti i vecchi sodali di Sud e ad abbandonare la stessa Napoli, quantomeno fisicamente, visto che la città non cesserà mai di ritornare al centro della sua opera, come testimonieranno due libri scritti molti anni più tardi: "Il porto di Toledo" (1975) e "Il Cardillo addolorato" (1993). Dopo la pubblicazione della raccolta, inizia dunque per la scrittrice un periodo molto sofferto e problematico, caratterizzatosi dall'emarginazione e dallo strisciante ostracismo culturale riservatole a causa delle sue posizioni sempre più critiche nei confronti del mondo intellettuale e culturale dell'Italia dell'epoca. - Milano: La Ortese riprende a viaggiare sia in Italia sia all'estero (Londra, Mosca), scrivendo reportage. In uno dei suoi trasferimenti a Milano scrive alcuni reportage che sono raccolti e pubblicati nel 1958 dalla casa editrice Laterza con il titolo "Silenzio a Milano". Nel 1963 scrive "L'iguana", romanzo pubblicato dalla Vallecchi due anni dopo. Di nuovo a Milano, nel 1967, pubblica "Poveri e semplici", che vince nello stesso anno il Premio Strega. (...) [Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Anna_Maria_Ortese ; G.M.].