Note
|
Codice area 2; PAL; formato video panoramico, 1.85:1, ottimizzato per TV 16:9; audio Dolby digital stereo 2.0 Sottotitoli in inglese e italiano per non udenti Produzione: Italia, 2000 Titolo del contenitore Produzione Fabrizio Mosca ; interpreti Luigi Lo Cascio, Luigi Maria Burruano, Lucia Sardo, Paolo Briguglia Contenuti extra: documentario "Nel cuore delle alghe e dei coralli" di A. Bellia, G. Giommi, G. Iuculano, backstage, trailer, biografie del cast artistico e tecnico. |
Abstract di polo |
Cinisi, un paese siciliano come tanti: il mare, il lungo viale alberato che porta al Municipio, la massa incombente della montagna a sigillare il cielo. Schiacciata fra mare e roccia, Cinisi è a pochi passi dall’aeroporto, fondamentale per il traffico della droga. Qui si è consumata la storia di Peppino Impastato, ribellatosi al padre mafioso e alla cultura del silenzio. Sveglio, intelligente, curioso, Peppino viene portato “in società” dal padre che aspira per lui al destino di un capo. Ma qualcosa di quel mondo che ha tutta l’apparenza della normalità non convince il bambino: il disagio della madre, le mezze frasi che evocano conflitti, la fine tragica di persone care – come zio Cesare, fatto saltare in aria sulla sua Giulietta – e soprattutto il silenzio opposto a ogni domanda, a ogni sforzo di capire. Cento passi separano la casa di Peppino da quella di Tano Badalamenti, il boss che regna su Cinisi. Ci si incontra al bar, ci si saluta, ci si toglie il cappello in segno di rispetto. Si accetta, si subisce, si fa finta di niente. Quei cento passi Peppino non li vuole fare. Lo aiutano i tempi: la sua adolescenza coincide col ’68, quando in tutto il mondo i figli disdicono i valori e le certezze dei padri. Come tanti ragazzi che si infiammano alle stesse idee, alla stessa musica, alla stessa speranza di cambiare il mondo, anche Peppino si dispone alla rivolta contro l’autorità. Che per i suoi coetanei di città è autorità borghese, paterna, e in Sicilia diventa invece sfida allo statuto stesso della mafia. Lontano, al Nord, esplodono le rivolte studentesche e operaie. A Cinisi il Sessantotto ha il volto dei contadini che si battono contro l’esproprio delle loro terre per ampliare un aeroporto malsicuro. Al loro fianco Peppino conosce le prime sconfitte e, al tempo stesso, l’orgoglio di una vocazione. E’ il battesimo politico propiziato dall’esempio di Stefano Venuti, un pittore segretario della sezione comunista di Cinisi. Ma anche il prestigio di questo nuovo “padre” è messo in discussione: troppe cautele nel Partito, troppa burocratica disciplina. Insieme ad altri ragazzi, Peppino fonda un giornale che con provocatoria irriverenza titola a tutta pagina: “La mafia è una montagna di merda”. Comincia la lunga quotidiana sfida al silenzio, la denuncia che non conosce mezze misure. Il gruppo cresce, aggrega nuovi elementi, inventa a getto continuo iniziative che turbano la sonnolenza e il quieto vivere: il circolo “Musica e Cultura”, le mostre fotografiche in piazza per denunciare malaffare e speculazioni e, finalmente, “Radio Aut”, la piccola emittente corsara che scuote tutta la 4 i cento passi Sicilia. Voce in falsetto, inflessioni dialettali, Peppino inventa Onda Pazza, la trasmissione che manda in frantumi i tabù dell’omertà e distrugge con la forza del ridicolo il clima reverenziale che circonda potenti e intoccabili. Tano Badalamenti diventa Tano Seduto, Cinisi diventa Mafiopoli e non c’è assessore, sindaco o portaborse che non si ritrovi affibbiato l’epiteto irriverente, la definizione che castiga. L’atmosfera si surriscalda, giungono avvertimenti sempre più pesanti. La famiglia si divide: da un lato il padre che cerca disperatamente di farlo tacere, dall’altro la madre e il fratello che segretamente solidarizzano con lui. Peppino non si arrende, nonostante le minacce, i momenti di solitudine, le incomprensioni che nascono anche fra gli amici. Arriva il Settantasette: l’impegno politico si stempera nelle lusinghe del “privato”. Peppino resiste, cerca forme di impegno sempre più incisive e, alla fine, decide di candidarsi alle elezioni comunali per portare la battaglia nel cuore stesso del Palazzo. Due giorni prima del vto viene ucciso. Con sei chili di tritolo ignoti sicari lo fanno saltare in aria sui binari della ferrovia. E’ un delitto atipico, senza “firma”, fuori dagli schemi della sentenza esemplare. Gli investigatori esitano, non vogliono pronunciare la parola mafia. La morte – che coincide col ritrovamento a Roma del corpo Aldo Moro giustiziato dalle Brigate Rosse – viene rubricata come l’incidente “sul lavoro” di un facinoroso sprovveduto. Gli amici di Peppino non si rassegnano: indagano per loro conto e mettono a disposizione dell’autorità i molti indizi dell’esecuzione. La risposta è ancor più insultante ed elusiva: suicidio. Solo vent’anni dopo la Procura di Palermo rinvierà a giudizio Tano Badalamenti come mandante dell’assassinio. Il processo deve ancora essere celebrato. Questo non è un film sulla mafia, non appartiene al genere. E’ piuttosto un film sull’energia, sulla voglia di costruire, sull’immaginazione e la felicità di un gruppo di ragazzi che hanno osato guardare il cielo e sfidare il mondo nell’illusione di cambiarlo. E’ un film sul conflitto familiare, sull’amore e la disillusione, sulla vergogna di appartenere a uno stesso sangue. E’ un film su ciò che di buono i ragazzi del ’68 sono riusciti a fare, sulle loro utopie, sul loro coraggio. Se oggi la Sicilia è cambiata e nessuno può più fingere che la mafia non esista (ma questo non riguarda solo i siciliani) molto si deve all’esempio di persone come Peppino, alla loro fantasia, al loro dolore, alla loro allegra disobbedienza. (Marco Tullio Giordana). [Fonte: https://film.cinecitta.com/public/dump_media/i_cento_passi_definitivissimo1.pdf]. |