Vivere in un paese come Monghidoro non è sempre un'esperienza facile; è sorprendente verificare quanto entusiasmo la gente della montagna ancora sappia esprimere in imprese di carattere comune e collettivo.
[...]
Forse questa capacità d'unione è ereditata dalla millenaria fatica del vivere fra boschi e pascoli, o prosegue una tradizione di contatti dovuti al commercio e all'uso della cura comune di campi, animali e case. In questo quadro -e ho avuto altre verbose occasioni per dirlo- la straordinaria cultura di musica e danza ha un primario valore simbolico di collante comunitario e un senso funzionale all'equilibrio personale e alla conoscenza reciproca. È una capacità di produrre cultura di vitalità straordinaria, occulta perché al di qua delle parole e della visibilità. Non è mai abbastanza valorizzata eppure sopravvive per la sua capacità di mimetizzarsi con la continua ibridazione: buttata fuori della porta, spintonata da più fragorosi altoparlanti, l'antica danza rientra dalle finestre. Quindi il complesso insieme di eventi, feste, suoni, rumori, movimenti, emozioni, che chiamiamo ufficialmente danza è ancora oggi una risorsa straordinaria. È utilizzata nelle Valli Savena, Idice, Setta, Sambro dell'Appennino bolognese per la conoscenza interpersonale, per la comprensione al di là delle parole, per il superamento di momenti di crisi, e, infine, per l'autorappresentazione e la celebrazione comunitaria. Questa raccolta di saggi sulla fisarmonica e sugli strumenti a manticc si apre simbolicamente con lo scritto dell'attuale sindaco di Monghidoro, Marino Lorenzini, che scrive nella sua duplice veste di primo cittadino e di suonatore.